La pallottola d'argento

«Le collaboratrici e le avvocate dei centri anti-violenza per donne chiamano “pallottola d’argento” la falsa accusa di abusi: funziona e colpisce sempre». Queste le parole in un articolo americano dedicato al problema.

Una PM italiana dice: «ho visto madri che si inventavano abusi sessuali subiti dalla figlia per interrompere le visite del padre». Queste le parole di Simonetta Matone, che è stata PM presso il tribunale dei minori di Roma per 17 anni ed oggi è capo di gabinetto del Ministro per le Pari Opportunità, come riportate su Panorama (del 30 settembre 2010) in un articolo che racconta storie di bambini privati dell’affetto dei loro papà. Una in particolare fa accapponare la pelle:

Mi sono sposato nel marzo 1996 e N è nata il 22 dicembre 1997. Dopo 1 anno e mezzo, mia moglie presenta un’istanza di separazione sostenendo che sono un padre «assente». È la prima bugia. Ci separiamo e il giudice affida la bambina alla madre, dando a me la facoltà di vederla due pomeriggi a settimana. Dopo le prime due visite, scatta contro di me una prima denuncia per lesioni e maltrattamenti nei suoi confronti. Posso vedere N solo in presenza dei servizi sociali in una tetra stanza del consultorio. Vengo assolto in appello e nella motivazione c’è scritto che la mia ex moglie ha mentito. Ma poco dopo mi denuncia per abusi sessuali nei confronti della bambina. Le visite si ribloccano e la bambina racconta alla neuropsichiatra che la mamma le ha suggerito di raccontare che io e la mia compagna la toccavamo con una penna nelle parti intime. Viene provato che è tutto falso. Nuovo proscioglimento. Terza denuncia: archiviata. Come la quarta e la quinta. Un calvario. Io l’ho citata per danni e per calunnia, per mancata esecuzione del provvedimento del giudice (non mi faceva vedere la bambina). Ho fatto scioperi della fame, ho manifestato davanti al tribunale, ho ottenuto articoli sui giornali. Alla mia ex moglie non hanno mai fatto niente. Per fortuna N ha capito che le voglio bene e oggi il mio obiettivo sono i suoi 18 anni: so che allora saprà scegliere liberamente.

Una bambina di 13 anni oggi lasciata con quella donna?

Bambina abusata grazie a leggi femministe

L’incubo della piccola Emily è iniziato nel 2003 quando aveva solo due anni: è stata prima allontanata da suo papà e portata dalla madre in un centro anti-violenza; quindi coinvolta in false accuse, poi affidata ad un pedofilo e, non curata, ha perso la vista all’occhio destro. Grazie alle leggi femministe, la donna ha l’assistenza legale gratuita a spese dello stato.

Quanto segue è estratto e tradotto da un articolo pubblicato da AssociatedContent.

* * *

Emily non avrebbe perso il padre per 5 anni e la vista dall’occhio destro se non fosse stato per il VAWA (Violence Against Women Act) [legge femminista]. Suo papà Karl Hindle, cittadino inglese, si innamorò di S.F., americana trasferitasi in Inghilterra tacendo che in america aveva abbandonato il marito e le figlie. Emily nacqe il 1o Marzo 2002 nel Regno Unito. A 5 mesi le viene diagnosticata l’ambliopia all’occhio destro; un problema che, se non curato, porta a perdere la vista.

Nel febbraio 2003 la madre decide di abbandonare Hindle e tornare in america. Sa che il padre non sarebbe d’accordo e fa quello che fanno molte donne in queste situazioni. Lo accusa di violenza domestica ed abuso sessuale. Grazie al VAWA ha solo bisogno di dire queste parole.

La donna viene messa in centro anti-violenza, ottenendo assistenza legale gratuita a spese del governo americano. Senza alcuna prova, la funzionaria B.G. autorizza la illegale sottrazione internazionale di minore.

In america, la madre interrompe le cure della figlia e prova a darla via in uno “scambio di bambini”, mettendola nella famiglia di L.M., tre volte condannato per pedofilia. Il padre riesce a far fermare questa operazione. La madre lo denuncia per stalking, ma (essendo su di un altro continente) il padre può dimostrare la sua innocenza.

La donna fa più di 100 false accuse. Tutte le numerose indagini, sia nel Regno Unito che in America, stabiliscono che il padre è innocente in tutti i casi. La donna viene riconosciuta colpevole di aver fatto false accuse ed istruito la piccola Emily.

Che dopo 3 anni, nel 2006, è felice quando rivede il padre ed i fratelli.

Ma la madre sparisce di nuovo, facendo un’altra falsa accusa. […] Fra tutte queste azioni illegali ed irresponsabili, Emily perde la vista. La madre continua a ricevere assistenza legale gratuita in base al VAWA.

* * *

Purtroppo la vicenda non è ancora conclusa, e gli aggiornamenti possono essere seguiti qui:

http://emilyrosehindle.blogspot.com

Interrogazione parlamentare: calunnie femministe usate per devastare l'infanzia dei figli

Nel 1997 furono privati del loro papà, accusato senza prove di maltrattamento. Da maggiorenni denunciano: false le accuse contro papà, era la mamma ad essere violenta.

Per evitare che il principio di precauzione diventi violazione dei diritti umani ed abuso contro l’infanzia, occorre applicarlo chiudendo e tagliando i fondi ai centri femministi ed alle loro avvocate già coinvolti in false accuse. Destinare le centinaia di milioni di euro risparmiati per risarcire i bambini che hanno avuto l’infanzia devastata dalla calunnia di genere, allontanati dai loro papà e/o condannati ad incontri protetti utilizzando le tipiche false accuse senza prove.


Il testo dell’interrogazione parlamentare (6/4/2011)

CARDIELLO – Al Ministro della giustizia

Premesso che, per quanto risulta all’interrogante: il signor Aldo Forte nel 1994 si separava consensualmente dalla moglie; tra i motivi che avevano determinato detta separazione vi sarebbero stati anche i maltrattamenti operati dalla madre sui figli della coppia, all’epoca dei fatti ancora minorenni; dopo la separazione la madre presentava un esposto al giudice tutelare informandolo di vietare tutti i rapporti tra il padre e i figli per maltrattamenti; il giudice tutelare, sentito il genitore accusato, disponeva l’immediato ripristino dei rapporti parentali dandone immediata comunicazione all’Asl di Rimini, la quale, al contrario, non ha tenuto in conto tale dettato; successivamente il Tribunale per i minorenni, cui erano stati inviati gli atti per competenza, sulla base delle informazioni ricevute dai medesimi servizi sociali della competente Asl di Rimini, decretava la decadenza del padre dalla potestà genitoriale; la Corte d’appello respingeva, quindi, il ricorso proposto dal padre ritenendo, in base alle predette informazioni,”la personalità del reclamante fortemente disturbata e disturbante”; il Tribunale di Rimini, successivamente, stabiliva il diritto di visita del padre ai figli affermando che la decadenza dalla potestà genitoriale non inibiva i rapporti parentali; tuttavia, stante la situazione di grave conflittualità fra gli ex coniugi, i rapporti fra il padre e i figli, già scarsissimi, si interrompevano del tutto a partire dal 1997, nonostante l’assenza di alcun dispositivo di divieto; nel 2003 uno dei figli, divenuto maggiorenne, presentava istanza al Tribunale per i minorenni per il reintegro della potestà genitoriale del padre confessando di non aver mai subito alcuna percossa da lui e riconoscendo come false le dichiarazioni fornite dalla madre; il secondo figlio, ancora minorenne, si recava dai carabinieri e, dopo aver confidato di non poter più vivere con la madre, comunicava la sua intenzione di rifugiarsi dal padre;

considerato che: gli operatori dei servizi sociali della Asl di Rimini, trattando il caso della separazione e del relativo affidamento dei figli, avrebbero tralasciato di ascoltare le ragioni del padre prediligendo esclusivamente le motivazioni addotte dalla madre; entrambi i minori sarebbero stati ascoltati solo in presenza della madre e, quindi, verosimilmente, sotto la sua “influenza”; entrambi i minori avrebbero subito maltrattamenti e percosse per tutto il tempo in cui sarebbero rimasti affidati alla madre; considerato, infine, che: il signor Aldo Forte ha ritenuto di procedere civilmente nei confronti degli assistenti sociali responsabili del procedimento di separazione e relativo affidamento dei figli; a quanto risulta all’interrogante, nella relazione di consulenza sull’operato degli addetti ai servizi sociali richiesta dalla competente Procura della Repubblica di Rimini, i tecnici hanno riscontrato “una certa leggerezza nella valutazione della complessità della situazione dimostrando di essere superficiali nel cogliere alcuni aspetti che meritavano di essere approfonditi rinunciando a constatare la veridicità delle informazioni (…) sono state prese in considerazione solo ed esclusivamente le dichiarazioni della signora”; “sarebbe stato auspicabile valutare l’opportunità di escludere maggiormente la madre, la quale, essendo stata più presente durante i colloqui ha finito col far creare all’equipe un punto di vista sbilanciato a suo favore. Limite, questo, accentuato dagli esigui tentativi da parte dei servizi sociali di cercare conferme conducendo dei colloqui con i figli in assenza della madre, tali da permettere loro una maggiore libertà di espressione del loro vissuto e rendendo partecipi i parenti più prossimi quali ad esempio i nonni paterni che risultavano alquanto coinvolti”; la predetta relazione conclude affermando che il lavoro degli operatori della Asl “risulta essere piuttosto superficiale e perfezionabile sotto il profilo tecnico”; l’interrogante chiede di sapere: se il Ministro in indirizzo sia a conoscenza di quanto sopra; se e in quali modi di competenza ritenga di dover intervenire, in caso di controversie fra coniugi, al fine di tutelare i diritti dei padri separati e dei loro figli pur nel rispetto delle prerogative delle madri separate; se e in quali modi intenda intervenire al fine di consentire un regolare e armonioso svolgimento dell’attività degli assistenti sociali; se e in quali modi intenda intervenire al fine di consentire un regolare e armonioso svolgimento dell’attività dei giudici tutelari; se e in quali modi intenda intervenire al fine di delineare in maniera incontrovertibile i diritti alla giusta difesa, affinché, soprattutto nell’ambito minorile, non siano a essere trattati in maniera superficiale; se e quali sanzioni ritenga opportuno prevedere per coloro i quali, nell’ambito di un procedimento per l’affidamento di minori, svolgano con negligenza o superficialità la loro mansione.

Rapporto del Comitato Giustizia Familiare: dentro i centri anti-violenza

Donne e bambini che subiscono abusi, minacce, lavaggio del cervello, intimidazioni, assalti, odio misandrico nei centri chiamati ‘rifugi per donne’ dalle femministe e pagati con soldi pubblici. Questo il contenuto del qui tradotto documento “Family Justice Review Committee Policy and Position Statements: Women’s Shelters” [link] che elenca le seguenti preoccupanti informazioni in merito a tali centri riferite all’Osservatorio CanadaCourtWatch da più sorgenti credibili, fra cui testimonianze di donne e bambini che hanno vissuto in tali centri, e che riferiscono che:

  • Alcuni centri indirizzano le donne verso avvocate lesbiche o femministe radicali o note per essere non etiche ed odiatrici di uomini. Spesso questa specie di avvocate ricorrono ad ogni sporco trucco per aiutare le donne a distruggere i loro matrimoni ed il legame dei bambini con i loro padri.
  • Molte delle operatici dei centri odiano gli uomini ed un loro obiettivo è diffondere il loro odio alle donne ospitate, che subiscono pressioni volte a far loro denunciare i loro mariti ed ad impedire ai bambini di vedere i loro padri. Molte di queste operatrici non vogliono vedere le donne felici e sposate, uno dei loro obiettivi sembra essere il distruggere e sfasciare le famiglie.
  • Alcune operatrici hanno fraudolentemente usato fondi pubblici o ricevuti tramite donazioni per il proprio guadagno personale. Molti centri non hanno sistemi formali di contabilità dei milioni di dollari di fondi pubblici ricevuti.
  • Alcuni bambini piangono perchè vogliono vedere i loro papà, ma contatti significativi con i papà vengono loro proibiti contatti anche in assenza di accuse o altri motivi etici o morali. In alcuni casi, le operatrici assistono le donne nell’impedire ai figli i contatti con i loro papà in violazione di dispostitivi dei Tribunali. I diritti dei bambini vengono spesso violati detenendoli a forza in tali centri contro la loro volontà ed in alcuni casi impedendo loro anche contatti telefonici con i loro padri.
  • Le operatrici spiano le donne accolte, talvolta ascoltando le loro telefonate.
  • Alcune operatrici sono lesbiche che odiano gli uomini, alcune hanno fatto avances sessuali su donne nuove arrivate in situazioni di vulnerabilità con tentativi di forzarle a relazioni lesbiche, ad esempio promettendo loro trattamenti di favore. Alcune donne hanno riferito che è stato loro detto che avrebbero ricevuto trattamenti di favore se avessero accettato tali relazioni sessuali. Alcune donne hanno riferito di essersi sentite più abusate nei centri anti-violenza che con i loro partner violenti.
  • Si permette a donne molto violente con precedenti penali di abusi contro i loro mariti e figli di alloggiare nei centri insieme ai bambini. Molte delle donne ospitate ed alcune delle operatrici hanno problemi psicologici e sono più violente degli uomini che hanno lasciato. Molte operatrici sono donne che si dicono abusate e che odiano gli uomini.
  • È stato dato rifugio a donne in fuga dalla giustizia, a volte assieme a bambini da loro rapiti. Si impedisce alla polizia di entrare in molti rifugi, anche quando la polizia ha un mandato di arresto per donne sospettate di nascondersi nel rifugio.
  • Ai bambini vengono mostrati filmati contenenti scene con uomini che picchiano le donne e subiscono un lavaggio del cervello volto a far loro credere che solo i padri siano violenti.
  • Avvengono risse fra le donne nei centri, ma le operatrici le minacciano per mettere il tutto a tacere, in modo tale che la polizia e la pubblica opinione non sappiano di queste violenze. Alle donne vengono fatti firmare documenti che le obbligano a non testimoniare nulla di quanto osservano nei centri. In alcuni centri si dice alle donne che senza il permesso delle operatrici è proibito chiamare la polizia riguardo ad ogni attività illegale o abuso o violenza che capita nel centro.
  • I bambini nei centri sono esposti a frequente turpiloquio e bestemmie.
  • Le operatrici dei centri come routine scrivono ai giudici lettere certificando che le loro ospiti sono madri eccellenti, senza aver fatto alcun controllo (in alcuni casi si trattava di madri che avevano seriamente abusato i loro bambini). Questo è parte della strategia volta ad ingannare i Tribunali ed aiutare le madri a distruggere il legame dei figli con i loro padri.

 

Sebbene tale situazione sia riferita a centri in Canada, questo articolo non deve essere visto come contro tale paese. Trattasi infatti di traduzione di quanto denunciato da organi canadesi; situazioni simili sono state segnalate in altri paesi. L’odio di genere femminista non è certo limitato al Canada.

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DOCUMENTO ORIGINALE (IN INGLESE)

Currently in Canada, hundreds of millions of dollars are being spent on women’s shelters across Canada. The Family Justice Review Committee acknowledges that there are indeed a number of women (and men) who are abused by their partners and in need of a place of temporary shelter during these times of family conflict.

However, information gathered by Canada Court Watch from a number of credible sources including information and testimony from former women residents, children who were residents and former shelter managers, clearly indicate that there is another side to the women’s shelter system which the public is largely unaware of. Canada Court Watch has obtained video testimony from both children and former women residents which would indicate that a number of women and children are being abused, threatened, brainwashed, intimated and assaulted while inside some of the government funded Generic Cialis women’s shelters and which is going unreported. There would appear to be widespread abuse of tax dollars.

Some of the disturbing information that has been reported to Canada Court Watch by various sources include:

  • That many of the women who work in women’s shelters hate men and that one of their goals is to spread their hate to the other women who come to the shelter. Women in shelters are put under pressure to take their husbands to court and to keep the children from seeing their fathers. Some of the women’s shelters are operated like anti-male bunkers which spread hate while putting up a facade to the community that they are helping women and children.

  • That very violent women with criminal records of abuse against their spouses and even their children are being allowed to stay at shelters in the presence of children. Some women who are known to have abused their children are given refused without question.

  • That some shelter workers have fraudulently taken money given to shelters by taxpayers and through donations and have used the money and donations for personal gain. Women who have stayed in shelters have reported shelter workers taking donations of food and clothing for themselves.

  • That women who are fleeing from authorities, sometimes with children they have abducted, have used women’s shelters to hide out and have never been asked as the the circumstances as to why they are at the shelter with their children. Police are barred from entering many of the shelters, even if looking for women who may have arrest warrants against them and who police suspect may be hiding in a shelter.

  • That some children in the shelters cry and want to see their fathers but are denied meaningful contact with the fathers even when there is no issue of abuse of the children and no ethical or moral reason for denying contact. In some cases, workers at women’s shelters assist some mothers to violate court orders in relating to a father’s access to his children as part of a plan to unlawfully keep children from seeing their fathers. The rights and freedoms of the children are often violated by forcefully detaining the children in the shelter against the child’s wises and preferences and in many cases denying the children even phone contact with their fathers.

  • That workers spy on women residents and sometimes listen in on private phone calls.

  • That many of the shelters have no formal accounting system for keeping track of money and donations and that there are few, if any, audits on shelters. Yet, millions of tax dollars flow to these facilities.

  • That some of the women working in shelters are lesbians who deplore men and many of the other women hate men partly because they can’t find a man themselves or because they have been the victim of abuse themselves.

  • That some women’s shelter staff have made sexual advances towards the new women who come into the shelter and attempt to coerce new women into lesbian relationships at a time when these new women are vulnerable. Some women have reported being told that if they enter into sexual relationships with shelter workers they will receive preferential treatment by the shelter workers and can obtain special access to donations which come into the shelter.

  • That many of these women who work at shelters don’t want to see other women happy and married, so one of their main objectives appears to be to to destroy and break up families.

  • That many of the women who are in the the shelters, including some workers, have emotional and psychological problems themselves and in many cases are more violent than the partners they left.

  • That many staff members are former abused women themselves with emotional problems and have a hatred against all men.

  • That children are being shown videotapes of men beating up women and then being brainwashed into believing that only fathers are the ones who are violent towards their partners and children. Yet published research clearly shows that children are safest in the care of their biological father.

  • That women assault each other in the shelters but the shelters hush this up using threats to residents to keep silent, so that the police and the public will not become aware of the violence in the shelters.

  • That women who come into many of the women’s shelter are told they must sign an intake form agreeing that they will not report about anything they witness in the shelter and to waive their legal rights to sue the shelter. It has been reported that the women are being told that they cannot even take the agreement they signed out of the women’s shelter so that others might be able to see what it is they have signed.

  • Some shelters tell new residents they are not allowed to call police in regards to any illegal activities or incidents of abuse or violence at the shelter without the permission of the shelter. They are told that this is for “security and privacy” reasons. The real reason why this is done is to conceal illegal activities and violence in the shelter so that members of the public will not become aware.

  • That there is a a lot of swearing used in the facility and that young children are exposed to swearing and foul language while in the shelter.

  • That new women who come into the shelter are expected to never go back to their husbands and partners and are expected to destroy their marriages. Even if a woman want to attempt to make her relationship with her partner another chance, she is forced into silence often under threat that she will get kicked out of the shelter is she says anything about wanting to see her former partner.

  • That donations made by corporate sponsors are being squandered and in some cases, removed from the shelters for the profit of staff members.

  • That there is a pecking order in the shelters. Women who do what they are told by staff or become lesbian partners are granted extra privileges by shelter staff. Some women have reported that they feel more abused in a shelter then they did when they were with their partners.

  • That workers at shelters routinely provide family courts judges testimonial letters saying that new residents are excellent mothers without doing any check into the past history of the mother. This is done as part of a strategy to misled the court and to help the mother destroy her children’s relationship with their father. In some cases violent mothers who have seriously abused their children are willingly been accepted into a shelter and provided a most praising letter to the court.

  • That some women with significant financial assets have stayed at women’s shelters at the expense of taxpayers without having to disclose their financial status. In some cases women have owned houses and had properties where they could have stayed instead of using the facilities of taxpayer funded facilities.

  • That some shelters are referring new women residents to certain lawyers who are lesbian and radical feminist or who have been reported as being unethical and anti-male. Often these types of lawyers will resort to any dirty and unethical trick to help women destroy their marriages and destroy their children’s relationship with their fathers.

  • That women’s shelters have been known to harbour women who are fugitives from the law. It has been reported that some women have kidnapped children and have used women’s shelters in various communities and provinces to hide themselves and their children from apprehension from the law.

  • That many women who felt that they or their children have been mistreated by the women’s shelter feel that there is no place that they can file a complaint about their experience without fear of retribution by those who operate the shelter.

  • That some women make it a business of going to different shelters on a regular basis to gather free furniture, food and clothing. Some women even do this while they are still married and still living secretly with their husbands or partners.

Women’s shelters have been referred to as “One stop divorce shops” by journalists who have written stories about them. Canada Court Watch believes that any women’s shelter, especially those that receive any government or community funding should maintain the highest standards of accountability and professionalism.

In the matter of women’s shelters it is the position of Canada Court Watch:

Intake application and verification process

  • That all women who apply to stay in a shelter be required to provide proper identification and to fill in an application form which clearly indicates all relevant circumstances to their case such as why they they need services, details of the circumstances requiring them to apply at a shelter, custody of the children, status of any court action (if applicable), disclosure of criminal record or warrants for arrest and a financial statement.

  • That all women who apply for accommodation at any government women’s shelter be required to fill in and sign a financial statement similar to the one used in family court and their financial means assessed for the purposes of determining a fee for services if they have the financial means to pay for services. The taxpayers should not be carrying the cost of services for those who clearly have the financial assets or means to pay.

  • That intake application forms be kept on file for no less than 10 years by the shelter and be made available to any government department conducting an audit on the shelter.

  • That all women’s shelters use standardized intake application for service forms and that a copy of a blank form be readily available for viewing by the public on a publicly accessible or government website.

  • That an information package be given to each person seeking residency which would include a complaint form and details as to how to make complaints about the shelter and the code of conduct for residents and workers.

  • That all women’s shelters be linked to a government database which will track the use of services by individuals to ensure that services are not being abused.

Protection of children’s rights

  • That shelter worker shall not engage in any activities or provide any advice that could be seen as interfering with a child’s rights to his/her relationship with other family members, including the other parent. If anything, shelter workers should be helping to protect children’s rights. Shelter workers should not be taking on the position of judge and jury in such matters.

  • That the issue of the children’s access to the other parent and extended family members should be investigated ASAP and unless there is compelling evidence (not just allegations from one parent) that the child is at risk, then steps should be taken ASAP to ensure that the child’s contact with the other parent is maintained and/or encouraged. Women’s shelters should not be used as a tool by one parent to violate the the rights of children to have meaningful contact with their other parent.

Fee for services based on financial ability to pay

  • That based-on-income user fees on a per night basis be charged to all women whose financial statement would indicate that they have the financial means to pay for such services. The taxpayers should not be funding free services to those who clearly have the financial ability and means to pay. (This would be considered financially prudent and help to reduce abuse

  • That the daily user fee and the formulas to calculate the daily user fee should be readily available to the public or posted on the government’s internet site.

Restrictions to use of services

  • That residency at a shelter be denied to any woman who would be considered a fugitive from the law. Should it be discovered that any resident is being sought by the authorities, then shelter workers must immediately report any woman who they know is fleeing from authorities. Not only does housing known criminals set a bad example for other women and children by saying that it is OK to help someone break the law, but it also puts children at risk by housing criminals in the same facility as young vulnerable children.

  • That women who apply for residence in a shelter with children from outside of the community in which the children have been normally living, should be considered for acceptance only after they have shown that they have attempted to obtain accommodation at a women’s shelter within their community first. (This to help prevent parents from taking children from their community as part of a plan to to prevent access by other family members)

  • That any women with a history of violence against another person or abuse against children be refused admittance to a shelter. (This to prevent children who are already residing in the shelter from being exposed to known violent persons)

  • That residency in any women’s shelter be limited to a maximum period of three months in any one calendar year unless there are reasonable circumstances which may justify otherwise. (This to help reduce abuse of the system and to help reduce dependency on women’s shelters. Women’s shelters should be for emergency short term housing only.)

  • That residency at a shelter be strictly restricted to those women who are fleeing physical or emotional abuse by a partner. Women’s shelters should not be used as temporary housing for immigrants or to house those women who are only in need of accommodation for financial reasons. Women who are not fleeing abuse should attend facilities intended for temporary housing such as local churches, the YWCA, the Salvation Army, welfare, etc.

Code of Conduct for Residents

  • That shelters have a written code of conduct that all residents must abide by and that this code of conduct be signed by each new resident upon arrival to the shelter. Copies of this Code of Conduct to be given to each resident immediately after they have arrived.

  • That the use of foul language by shelter workers and/or residents in front of children be prohibited and that any resident or shelter worker who refuses to abide by this simple rule of conduct after being warned, be expelled from the shelter. (Children should not be exposed to foul language as this is a form of child abuse.)

  • That there should be no restriction or code of silence placed on residents which would prevent them from reporting illegal activities such as drug use or violence in the shelter to police, Children’s Aid Society or to any other authority.

  • That there should be clear written guidelines provided to each resident informing them what they should do in the even that they see illegal activity at the shelter or see workers or residents violating the shelter’s published code of conduct.

  • That the general rules that residents and their children must follow while residing in a shelter, must be in writing and acknowledged in writing by each new resident before they are granted residency in the facility. Part of the introductory package to each new member should include how to file a complaint against the shelter should they not be satisfied with the services provided. Such rules to be published and made available to members of the public upon request. Ideally such rules should be posted on a website for the shelter.

Advocacy services, legal advice and counselling

  • That shelters should not engage in the business of providing heath care services such as counselling.

  • That women’s shelter workers not be allowed to have contact with the police, Crown Attorney or others involved with a resident’s legal matters. Women’s shelter staff should be providing shelter for women, not engaging in the area of providing legal advocacy services. Other groups and organizations outside of the shelter should be providing advocacy services and women residents should be referred to these outside, arms-length services.

  • That shelter staff should not be providing legal advice. The taxpayers are already funding the Legal Aid plan which will provide legal services for the women so taxpayers should not be paying for this service twice by subsidizing workers from the shelter as well.

  • Counseling should not be provided for children by women’s shelter staff. All counselling should be provided by trained persons who are independent of the shelters and who are not in conflict of interest.

  • That women’s shelters, being largely publicly funded, should not refer residents to any particular legal firm or lawyer. Residents should be advised to obtains the names of specific lawyers from the applicable lawyer referral service of the law society having jurisdiction in the province.

Financial records and general business records

  • That all shelters be required to maintain proper financial and services provided records and to have these records available to the public under the same criteria as the Freedom of Information legislation.

  • That shelters share a government operated database with all women’s shelter across Canada which will be used to keep track of residents who come to the shelters to ensure that services are not being abused by some resident who may abuse the system by moving from one women’s shelter to another. This will also help shelters to be made aware of applicants who have abused services or violated a residents code of conduct at another women’s shelter. (This to help reduce abuse of the system and to help reduce dependency on women’s shelters. Women’s shelters should be for emergency short term housing only.)

Complaints process

  • That an Ombudsman with the provincial government or an independent body be appointed and given the authority under legislation to investigate complaints about women’s shelters in each Province.

  • That all residents be provided with written details of how to file a complaint about a women’s shelter at the time they are admitted into the facility.

Code of Conduct for shelter workers

  • That any staff member caught making sexual advances towards any resident shall have their employment or volunteer activities at the shelter immediately terminated. Workers and volunteer must be made aware that they hold a position of trust over the women residents and should not be allowed to abuse this power over women who are most vulnerable.

  • That residents of shelters be allowed to retain copies of any documents they must sign to gain entrance to a woman’s shelter, just as they have the right to retain a copy of any other legal document they sign.

Management of women’s shelters

  • That all women’s shelters be overseen by an elected Board of Directors with general membership being open to any member of the public in the community from the region in which the shelter provides services.

Equal services

  • That every community in which there is a publicly funded women’s shelter, the government must ensure that there is also at least one facility for men and children seeking shelter from family violence.

Femminismo ed odio anti-maschio in centro anti-violenza: la testimonianza di un Giudice

«Nei centri anti-violenza le donne sono interrogate senza attenzione od interesse riguardo all’autenticità delle loro accuse.   Le operatrici femministe si interessano a fare un “profilo” dell’uomo accusato, in maniera da assicurarsi che i pregiudizi standard sulla “condotta abusiva” siano inclusi nelle dichiarazioni della vittima e nei documenti legali.   Il maschio deve essere dipinto secondo il profilo classico dell’abusante.     L’uomo accusato può non aver mai picchiato, minacciato o insultato la moglie, ma una volta “profilato” diventa obbiettivo legale.  “Abuso del sistema giudiziario” descrive bene l’addestramento e gli sforzi di falsificazione messi in atto dalle femministe che operano in molti centri anti-violenza.

Ci sono segnali che molti Giudici stanno diventando consapevoli della verità e delle conseguenze sugli uomini vittima del braccio politico del femminismo.  Un Giudice familiare di Seattle dice

“la violenza domestica è stata politicizzata.  Obbligano noi giudici a frequentare corsi di “consapevolezza” dove veniamo arringati da esperte femministe.  Ero membro del consiglio del locale centro anti-violenza.  Sono rimasto scioccato dalla propaganda anti-maschio delle signore che dirigono il centro.  L’unica soluzione per loro è allontanare dal maschio cattivo […]”.

Circa il 50% delle accuse sono false, ed un uomo su 8 ne è stato vittima.   Secondo le statistiche della Polizia di Stato del Michigan, su 45,600 accuse di violenza, 44,220 erano basati solo sulla parola della sedicente vittima.   Ci sono migliaia di straniere che accusano un cittadino americano ottenendo immediatamente lo status di “immigrante protetta”.   Nelle regioni di confine pagano per “usare” un maschio che le sposa e viene subito accusato di abusi.

Nella realtà, nel 53% dei casi sono le donne a sferrare il primo colpo, sparano al coniuge 3 volte più frequentemente degli uomini, commettono il 52% degli omicidi familiari, la maggioranza degli infanticidi di bambini in cui, nel 64% dei casi, vengono uccisi bambini maschi.»

Fonte: http://www.fathermag.com/205/abuse con titolo originale “VAWA: The American Feminists’ Abuse Industry”

Pari Opportunità o sfruttamento, violenza e calunnia di genere?

Perché tanti uomini preferiscono non sposarsi?  Perché le separazioni portano tanti uomini disperati a commettere omicidi/suicidi?   Perché sono false l’80% delle accuse di maltrattamenti fatte da donne separate?  Perché il sistema giudiziario viene accusato di allontanare bambini dai loro papà mettendoli in mano a pedo-calunniatrici alienanti?

Lo spiega la guida pratica “I diritti delle Donne” scritta da una commissione che, con Orwelliana ironia, si chiama “Pari Opportunità”.  In sostanza è lo slogan delle manifestazioni femministe “maschi affogherete nella me*da” tradotto in leggi:

  • se sei donna, sei vittima sulla parola e hai diritto al mantenimento del tenore di vita, puoi abortire e/o non riconoscere i figli.
  • se sei uomo, sei presunto violento, devi essere cacciato di casa, pagare mantenimenti e per il tuo tenore di vita c’è la mensa della caritas, devi riconoscere i figli e dare i loro mantenimenti alla madre.

 

Puoi ottenere da tuo marito un assegno mensile per il tuo mantenimento […] Tieni presente che comunque hai diritto di continuare a vivere nella stessa condizione economica di prima della separazione.

 

Puoi: chiedere che i figli siano affidati a te

 

Puoi: ottenere da tuo marito un assegno mensile per il contributo al loro mantenimento

 

Puoi: continuare ad abitare nella tua casa, anche se il contratto d’affitto e intestato a tuo marito o se la casa e di proprieta di tuo marito.

 

Puoi: chiedere gli assegni familiari percepiti da tuo marito.
Se divorzi puoi:
– sposarti nuovamente;
– avere diritto all’assegno di divorzio indicato dalla sentenza;
– ricevere una percentuale della liquidazione del marito (il 40% di quella maturata nel periodo di matrimonio) e una percentuale della pensione dopo la morte di tuo marito, solo però se percepisci l’assegno di mantenimento.

– Se il padre naturale non vuole riconoscere il figlio, puoi rivolgerti al Tribunale per ottenere il riconoscimento.
– Se hai riconosciuto solo tu il bambino e successivamente il padre intende riconoscerlo, puoi opporti al riconoscimento
– È importante che tu sappia che non sei obbligata, solo perché madre, a riconoscere il figlio che hai partorito. Puoi dichiarare in ospedale al momento del parto che non intendi riconoscerlo e sul tuo nome verrà mantenuta la segretezza, mentre il bambino sarà dato in adozione.
Una legge prevede l’allontanamento dalla casa familiare di mariti violenti per effetto di una decisione rapida del giudice.  […]  Può essere chiesto al giudice di ordinare, in caso di necessità, il pagamento di un assegno di mantenimento a favore tuo e dei tuoi figli, eventualmente disponendo la trattenuta direttamente dallo stipendio ed il versamento diretto da parte del datore di lavoro.  […]  Non è necessario che i maltrattamenti ti siano già stati inferti, essendo possibile chiedere la misura al giudice anche sulla base di fondati motivi che i maltrattamenti vengano perpetrati […] anche se non presenti segni visibili di violenza, l’importante è che il medico rilevi anche il tuo stato di agitazione e paura.  I certificati ti serviranno per ottenere un risarcimento dei danni e per avvalorare la tua parola.

 

Potrai farti assistere da un avvocato di fiducia che, se rientri in fasce di reddito molto basse, potrà essere pagato dallo Stato; potrai anche costituirti parte civile chiedendo i danni sia materiali che morali che hai subito, nonché farti affiancare nel processo da associazioni di donne.

 

Se il tuo convivente muore a causa di infortunio sul lavoro o incidente stradale puoi chiedere il risarcimento dei danni patrimoniali a tuo favore

Se hai bisogno di un legale per difenderti o per il rispetto dei tuoi diritti puoi, se hai un reddito basso, o se non ne hai, richiedere il patrocinio gratuito.

Centro Antiviolenza per donne

Fonte: http://www.pariopportunita.provincia.tn.it/filesroot/Documents/pubblicazioni/dirittidonne.pdf


 

False accuse di violenza, femminismo, alienazione genitoriale: due bambini perdono il loro papà

Un papà ha avuto il coraggio di denunciare pubblicamente le associazioni che hanno aiutato una criminale a rovinare la vita ai suoi bambini.

La tragedia inizia quando una apparentemente normale madre di famiglia dice di avere un cancro in fase terminale e chiede al marito centinaia di migliaia di €.

La storia sembra credibile perché la donna si sottopone alla chemioterapia, perdendo i capelli ed accusando strani gonfiori.

Nel dicembre 2001 si scopre che i gonfiori erano un bambino: la donna che aveva mentito al papà finisce sui giornali come “madre miracolo”.  Il ginecologo rivela che non c’era nessun cancro, che aveva tentato di avviare la donna alla riabilitazione psichiatrica — sottoporre un feto alle radiazioni necessarie per la chemioterapia è pura follia.

Inizia la follia femminista, come narra il papà: “le dico che avrei chiamato la polizia per denunciare la sua frode, ma chiama prima lei e con ripetute false accuse mi ha rubato non solo i soldi, ma anche i figli, la libertà.  Sono fortunato ad essere sopravvissuto.  Ecco come ha fatto”.

L’uomo racconta di essere stato arrestato 5 volte e sempre riconosciuto innocente.  Solo nel 2008 il papà ottiene l’affido dei poveri bambini, e la donna è inseguita creditori e padroni di casa che vogliono i propri soldi.

Ma un centro anti-violenza finanzia un’avvocata per la donna, che sabota ogni contatto con il papà praticando l’abuso dell’Alienazione Genitoriale, in forma grave.

Il regali del papà spariscono, la sua immagine viene tagliata via dalle foto.  L’avvocata femminista della donna cerca di negare che l’Alienazione Genitoriale è abuso sull’infanzia, e giudici decidono che i bambini alienati non possono stare con il padre — quando l’allontanamento dal genitore alienante è invece l’unico modo legale di salvare i bambini.

Alla fine i bambini hanno perso il loro papà — il femminismo ha vinto — ma il papà dice che grazie al suo caso il sistema sta lentamente cambiando.

Un sistema che lasciava a questo papà l’omicidio come unico modo per salvare i figli da una calunniatrice alienante deve essere assolutamente cambiato.

 

 

http://www.afathersnightmare.com

Le donne evitano i centri anti-violenza come la peste

Come si è arrivati a questa situazione? […] Molti centri sono caduti nell’ideologia femminista radicale. […] Solo uno su 4 dice di perseguire lo scopo di “aiutare le donne vittime di violenza”. […] Questo significa che è più probabile trovarvi propaganda neo-Marxista su quanto è cattiva la famiglia patriarcale piuttosto che qualcosa che possa assomigliare ad un aiuto pratico ai vostri problemi reali.

Una volta diffusasi la voce che i centri anti-violenza sono una tale fogna ideologica, chi ne avrebbe davvero bisogno ha smesso di andarci.

Ma un centro vuoto è un incubo per chi raccoglie i fondi. Quindi sono stati riempiti di drogate, di senza casa, o di donne in fuga dopo aver commesso reati. Per questo motivo le persone davvero abusate che davvero avrebbero bisogno di aiuto evitano i centri anti-violenza come la peste.

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Fonte: estratto e tradotto da un articolo dell’opinionista ed analista Carey Roberts, http://www.renewamerica.com/columns/roberts/080909

Avvocata di centro anti-violenza ammette accuse strumentali per piegare le resistenze

Una persona recatasi ad un incontro pubblico organizzato da femministe vicine a centri anti-violenza ha udito costoro che parlavano male dell’affido condiviso, del mantenimento diretto dei figli… e di questo sito. Ci ha quindi fatto sapere che le parole pronunciate da una di queste avvocate confermano quanto qui sostenuto:

“Passo per essere una molto litigiosa, i tempi [di una accusa penale] sono molto lunghi, all’inizio uno le fa perché è convinto, ora uno le usa in maniera strumentale perché so che nel 70% dei casi non ci arrivano al processo, però a volte mi servono come dire per piegare le resistenze”

L’avvocata riferiva inoltre che il Tribunale dei Minorenni ha disposto l’allontanamento dei figli da una sua cliente colpevole di averli sottoposti all’abuso psicologico noto come Sindrome di Alienazione Genitoriale (PAS). L’incontro era finalizzato a tentare di negare che la PAS è un maltrattamento sull’infanzia.

Un’altra avvocata di un’altro centro che difende un’altra donna accusata di PAS ha detto di portare sistematicamente le accuse nel penale perché — a suo dire — nel civile i Tribunali e gli psicologi preferiscono stemperare i conflitti.

La PAS è un abuso sull’infanzia, e — qualora si ravvisi il dolo, come nei casi di false accuse — la denuncia ex art. 572 codice penale, può essere accompagnata da una denuncia per concorso di colpa nei confronti degli avvocati che hanno sostenuto false accuse, nonché da una richiesta di risarcimento per il conseguente danno biologico estesa anche ai centri che forniscono tali avvocate ed ai Comuni e gli enti pubblici che li finanziano.

Solo così si potranno proteggere i bambini dalle avvocate ostili contro gli uomini e che non capiscono quanto devastante e criminale sia coinvolgere i bambini nelle proprie fissazioni che le portano a vedere inesistenti padri violenti e/o abusanti, a non considerare immorale negare la PAS ed far condannare spietatamente i bambini ad incontri protetti con i loro papà mediante denunce strumentali. Che possono sfuggire di mano e degenerare in una PAS.

Centri anti-violenza, ne parla la fondatrice: le femministe li usano per odiare gli uomini, plagiare le donne, allontanare i bambini dai papà

«Il movimento femminista ovunque ha distorto il problema della violenza domestica per i propri fini politici e per riempirsi i portafogli. […] Osservai le femministe costruire le loro fortezze di odio contro gli uomini, dove insegnavano alle donne che tutti gli uomini erano stupratori e bastardi. Testimoniai il danno fatto ai bambini in tali rifugi. Osservai i “gruppi di consapevolezza” progettati per plagiare le donne e far loro credere che i mariti fossero nemici da sradicare. ».

«Sotto la copertura dei centri anti-violenza che danno loro fondi e strutture per portare avanti la guerra di genere contro gli uomini, le femministe hanno iniziato a diffondere dati tendenziosi».

Lo scrive Erin Pizzey, la donna che ha sollevato il problema della violenza domestica, fondato il primo centro anti-violenza e scritto il primo libro sulla violenza domestica. In questo articolo, estratto e tradotto dal Daily Mail, ci racconta il blitz con il quale le lesbo-femministe radicali si impadronirono dei centri, originariamente pensati per aiutare le persone con problemi di violenza.


Come le femministe hanno provato a distruggere la famiglia

“Nel 1970 ero una giovane casalinga con un marito, due bambini, due cani ed un gatto. Vedevo poco mio marito che lavorava tanto, mi sentivo sola ed isolata e cercai qualcosa di diverso dal solito cucinare e pulire.

In quegli anni, sui giornali si iniziava a parlare del movimento femminista, che chiedeva eguaglianza e diritti. Fra i loro slogan, leggevo le parole “solidarietà” e “sostegno”. Credevo con tutto il cuore che le donne non dovessero essere isolate le une dalle altre, e che assieme potessimo migliorare la società.

In pochi giorni, contattai la sede locale, e stavo per unirmi al movimento femminista. Mi fecero pagare 3 sterline e 10 scellini, e mi dissero che dovevamo chiamarci “sorelle” e che i nostri incontri si sarebbero chiamati “collettivi”.

Il mio amore per questo movimento durò solo pochi mesi. Ai “collettivi”, sentivo donne che strillavano il loro odio contro la famiglia. Dicevano che non era un posto sicuro per crescere i bambini. Ero disgustata dalla loro virulenza e dalle loro violenza. Provai a parlare con le cape dell’organizzazione.

Mi buttarono fuori. Il mio crimine fu che avvisai alcune delle “sorelle” che avrei chiamato la polizia se avessero portato a termine il progetto di far esplodere una bomba in Biba, un negozio di vestiti. Le femministe fecero esplodere la bomba convinte che il negozio fosse un’impresa capitalistica che sessualizzava i corpi delle donne. Decisi che perdevo il mio tempo a cercare di convincere quello che, secondo me, era un movimento Marxista/femminista che voleva soldi da donne come me.

* * *

Un gruppo di donne la pensavano come me, uscimmo dal movimento femminista, ed organizzammo una piccola casa, che chiamammo Aiuto Donna. Presto tante donne vennero a chiederci aiuto. Potevamo incontrarci, portando i bambini. I miei giorni solitari erano finiti.

Accadde qualcosa che mi fece capire che potevamo fare qualcosa di più. Un giorno, una donna venne da noi, ed era ferita. Suo marito le aveva fatto del male con una seggiola, e mi guardava dicendomi “nessuno mi aiuta”. Per un momento, mi rividi quando avevo sei anni, avevo delle ferite e dicevo “mia mamma mi ha picchiato” alla maestra. Mi rispose “giusto così, sei una bambina turbolenta”. Nessuno mi aiutava, nessuno credeva che mia mamma, bella e ricca e sposata con un console, potesse essere violenta.

Scoprii che nessuno aiutava le donne ed i bambini picchiati in casa. Se accadeva per strada, era un crimine. Ma dentro casa era una questione familiare, e la polizia non poteva intervenire. Nessuno parlava di questo problema. Cercai di capire, ma non c’era niente da leggere, trovai solo alcuni casi di bambini picchiati su riviste di medicina.

Quindi, nel 1974, decisi di scrivere “Piangi Piano o i Vicini ti Sentiranno”, il primo libro al mondo sulla violenza domestica. Nel nostro rifugio arrivarono tante donne e bambini vittime di violenza, ne ospitammo fino a 56 in sole 4 stanze. Tutte raccontavano storie terribili, ma capii subito che non tutte le donne erano innocenti. Alcune erano violente come i loro uomini, e violente con i loro figli.

Le assistenti sociali mi dissero che perdevo tempo, perché quelle donne sarebbero finite per tornate dai loro partners. Ero determinata ad interrompere questa violenza. Quando i giornali iniziarono a parlare della nostra casa, la minaccia venne da una direzione inattesa.

Le femministe stavano perdendo il favore del pubblico, perché donne di buon senso avevano smontato la loro agenda anti-uomo e anti-famiglia. Avevano bisogno di una causa e di soldi.

* * *

Le donne del nostro rifugio organizzarono un incontro per aprire nuovi rifugi. Rimanemmo stupefatte quando a questo incontro arrivarono le lesbiche e le femministe radicali. Iniziarono a votare per loro stesse in questo nuovo movimento. Dopo un dibattito acceso, io e le donne abusate ce ne andammo. Quello che avevo più temuto accadde.

In pochi mesi, le femministe distorsero il tema della violenza domestica, non solo in Inghilterra, ma internazionalmente.

Presero i soldi che ricevevamo dallo Stato, ed ebbero una scusa legittima per odiare tutti gli uomini. Inventarono slogan fasulli “tutte le donne sono vittime innocenti della violenza maschile”. Aprirono tanti rifugi, ed impedirono agli uomini di lavorarci, cacciandoli anche dagli organi di controllo governativi.

Il nostro piccolo gruppo fece il possibile, nel 1972 avevamo assunto un uomo buono e gentile (nella foto), perché pensavamo che i bambini avessero bisogno di una figura maschile. Avevamo sviluppato un trattamento per aiutare le donne violente a riconoscere il loro problema.

Invece i centri femministi seguivano l’ideologia che solo gli uomini erano violenti. Lentamente, fecero il lavaggio del cervello alla polizia, nascondendo gli studi che mostravano che anche gli uomini erano vittime. Nonostante gli attacchi di giornaliste femministe e minacce anonime, continuai a dire che la violenza è un comportamento che tutti, uomini e donne, possono assorbire da piccoli.

Quando pubblicai il libro “Inclini alla Violenza” sul mio lavoro con le donne inclini alla violenza ed i loro bambini, entrai nel mirino di centinaia di femministe, che manifestavano urlando “Tutti gli uomini sono bastardi“, “Tutti gli uomini sono stupratori“. Per via delle loro minacce violente, la polizia dovette proteggermi con una scorta.

La situazione sociale peggiorava. Alcune femministe scrissero che “la presenza dei padri nelle famiglie non è necessariamente fonte di coesione ed armonia”. Insinuarono che gli uomini andavano allontanati dai bambini. Provai a mostrare i dati alla ministra delle Pari Opportunità, ma insistette che gli uomini picchiati erano un fenomeno marginale e continuò a chiamare gli uomini “aggressori”. Per circa 40 anni, questa ideologia malvagia ha permeato la nostra società, tanto che oggi gli insegnanti hanno paura di toccare i bambini. Gli uomini possono essere accusati di violenza ed abusi sessuali senza prove. I giudici discriminano i padri e li allontanano dai figli sulla base della sola parola di una madre viziosa.

Naturalmente, ci sono anche uomini cattivi. Ma attaccando tutti gli uomini abbiamo allontanato quelli che vorrebbero lavorare con le donne per il bene comune.

Credo che l’ideologia femminista abbia seguito una Utopia che doveva passare attraverso la distruzione della famiglia. Secondo il loro credo, la famiglia deve comprendere solo donne e bambini. Si possono buttare via i padri. E per ottenere questo, hanno imbrogliato sulla violenza domestica.

Che, per mia esperienza, non ha genere. Gli adulti violenti sono quelle che da piccoli hanno subito violenza, bambine o bambini.

Erin Pizzey

Guardo indietro con tristezza alla mia visione, di rifugi dove le persone, uomini donne e bambini, possano trovare aiuto se hanno subito violenza. E se sono violenti loro stessi, li si possa aiutare ad avere una seconda opportunità di vivere in pace. Questa visione è stata distorta da donne vendicative, che hanno trasformato i rifugi in ghetti femministi, e li hanno usati per perseguitare gli uomini.

È venuto il momento di chiudere con questa ideologia dell’odio, e permettere agli uomini di collaborare a veri centri anti-violenza. Abbiamo bisogno di un movimento di tutti, che offra aiuto a chiunque ne abbia bisogno. Per quanto mi riguarda, continuerò sempre a lavorare con chiunque voglia il mio aiuto o possa aiutare gli altri. Inclusi gli uomini.”